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Quando sogni una nuova destinazione non vedi l’ora di partire.
In questi ultimi anni i viaggi sono stati molti, solo quest’anno quasi 4 [ mentre scrivo sto organizzando gli ultimi dettagli per il prossimo viaggio, di cui vi racconterò presto].
A viaggiare molto accade una cosa davvero strana: più viaggi e più vorresti partire, scoprire nuovi luoghi, itinerari, conoscere nuove persone, assaporare nuovi piatti, spezie, frutti esotici. Costruire percorsi nuovi e camminare da sola, in mezzo alla foresta o su un’isola deserta su una spiaggia al tramonto.
A volte però mi viene nostalgia di casa, una nostalgia così forte che vorrei avere accanto la persona che con me condivide la vita, per mostrargli quanto è bello e appassionante viaggiare e conoscere il mondo. Scoprirlo insieme, soprattutto.
Dopo l’esperienza a Dubai siamo partiti per l’Oman, una tappa che attendevo da mesi ormai, ne avevo parlato con Sarah Cusmà qualche mese addietro, affascinata dalla cultura omanita, il cibo, dai paesaggi, le montagne, la raccolta delle rose in Primavera, utilizzate anche per la produzione dell’attar.
A Ottobre il sogno si è avverato e siamo finalmente partiti, un soggiorno molto breve, che però mi ha dato la possibilità di iniziare a conoscere questo paese, lontano dalle rotte del turismo di massa.
Lasciato il caldo torrido di Dubai, atterrare in Oman è stato un vero sollievo: in questa stagione le temperature sono più miti, non vi è traccia di quell’umidità che non ti permette di respirare, camminare e fare qualsiasi cosa, anche solo una semplice passeggiata. Ecco, l’unico mio problema (quando viaggio) è il non riuscire a gestire le temperature troppo calde e umide. Un vero disastro per me o se preferite, in questo caso posso dire di essere un disastro. Totale.
Dopo aver sbrigato le formalità aeroportuali, un pranzo veloce per conoscere le nostre guide, Alì e Mujit, due persone squisite che ci avrebbero accompagnato durante il nostro viaggio alla scoperta dell’Oman, del suo territorio e la sua cultura.
Per raggiungere le montagne è necessario avere un fuoristrada, se doveste decidere di organizzare un viaggio in Oman tenetelo presente. Dal canto mio se dovessi tornare mi affiderei ad una guida esperta, per scoprire quanto più possibile di questo affascinante paese.
Dopo circa un’ora e mezza arriviamo a destinazione, la nostra prima tappa è raggiunta: il resort Alila Jabal Ahkdar.
Situato a oltre 2.000 m sul livello del mare, Jabal Al Akhdar è un luogo unico in tutta la Penisola Arabica: qui, il fresco clima montano permette la coltivazione a terrazza di frutta, soprattutto melograni, albicocche e noci, ma anche olive e mele cotogne, oltre che di fiori, lungo i fianchi delle montagne. Le famose rose omanite hanno origine qui. La raccolta, che avviene in Primavera, è una delle attività a cui vorrei assistere, prima o poi.
I giardini di Jabal Akhdar, la “Montagna Verde” che fa parte del massiccio di Hajar, sono un panorama che vale la pena ammirare almeno una volta nella vita: centinaia di cespugli di rose in fiore si susseguono fino alle gole della montagna, inebriando totalmente chi si trovi a passare in quei sentieri. Io ho solo potuto comprare delle rose essiccate durante la visita al souq di Nizwa , oltre ad un profumo meraviglioso, un olio che sa di legno di credo, di oleban, di spezie e di rose appunto.
La produzione dell’Attar è molto interessante: i petali di rose vengono messi in una ciotola di argilla chiamata borma che contiene al suo interno un piccolo recipiente di metallo. Un altro recipiente di metallo pieno di acqua fredda copre l’apertura del borma che, una volta messo sul fuoco, grazie alla produzione di vapore, condensa nel recipiente più piccolo il distillato di acqua di rose.
L’Alila è un luogo magico, incastonato nella montagna, costruito con le pietre della stessa montagna, ed è quasi invisibile arrivando in macchina.
La struttura ha una magnifica vista sulla valle sottostante, sulle gole che circondano la montagna. All’alba i primi raggi del sole sembrano illuminare d’oro le pareti, una strana luce riflette all’interno delle camere.
La mattina successiva il nostro arrivo ho impostato la sveglia alle 5 per poter godere di questo attimo magico, quel breve momento in cui la notte cede il posto al giorno, con il cielo che varia dal nero al blu, con sfumature azzurre e oro, con alcune stelle ancora alte nella volta celeste, a fare compagnia alla luna. Alzarsi così presto ne valeva la pena. D’altronde il tempo è sempre così poco che devo fare tesoro di ogni attimo.
Oltre alle varie escursioni ho avuto la possibilità di conoscere da vicino il cibo e le tradizioni gastronomiche omanite, oltre ad avere la fortuna (prima di partire) di pranzare in un ristorante tipico, seduti per terra su un tappeto, condividendo il cibo tutti insieme e mangiando con le mani, proprio come fanno loro.
Al ristorante Juniper presso l’Alila Resort vengono servite ricette della tradizione omanita, ma con un occhio alla cucina internazionale, per accontentare tutti gli ospiti. Noi ovviamente ci siamo fatti trasportare dallo chef in un viaggio molto interessante tra mezzeh, carni speziate e tantissime verdure, preparate in modi differenti.
Unico avvertimento sulle bevande: L’Alila rispetta i dettami della religione islamica che proibisce il consumo di alcool, ma vedrete che pasteggiare con succhi di frutta fresca, tea e tisane renderà la vostra esperienza gastronomica altrettanto interessante.
La colazione all’Alila (da sola) può essere un’esperienza molto interessante, dato che vengono preparati al momento estratti di succo di melograno e altra frutta, per non parlare dei dolci a base di noci, nocciole e pistacchi, tutto coltivato a pochi km dal resort, che utilizza per il ristorante solo prodotti locali.
Il giorno successivo escursione tra i canyon, verso Saiq Plateau alla scoperta dei sentieri con visita alle rovine del villaggio di Wadi Bani Habib (Wadi significa valle).
In Oman, le sponde dei wadi sono state luogo di insediamento fin dall’antichità grazie alla fertilità del terreno, che permetteva la coltivazione di frutti e ortaggi. A Bani Habib abbiamo trovato una bellissima e florida piantagione di melograni e noci, assaggiato appena raccolti i frutti del melograno.
Dopo due giorni trascorsi nella pace della montagna verde, rientriamo a Muscat, prima tappa The Chedi, uno degli hotel più conosciuti della città, un oasi di relax e bellezza sulla spiaggia. La visita al Souq di Nizwa, dato che ci siamo svegliati all’alba per raggiungere il mercato in tempo, la tappa obbligata prima di qualsiasi azione è ovviamente un caffè omanita (Omani Kahwa), preparato con cardamomo e acqua di rose, il famoso attar di cui vi ho parlato. Con il caffè si degusta Halwa, una delizia conosciuta in tutto il mondo ed è considerata uno dei simboli dell’ospitalità omanita. Guarda caso siamo capitati nel luogo dove producono la più buona di tutto l’Oman e pare che gli omaniti (ma anche gli emiratini) giungano da molto lontano per acquistare questa halwa, realizzata con ricetta segreta. Solitamente viene preparata con farina di mais, zucchero, uova, grasso, cardamomo, zafferano. E poi frutta secca con pinoli, pistacchi, noci a seconda delle ricette e la Black Halwa prodotta con i datteri.
I datteri sono una delle principali produzioni alimentari del Sultanato dell’Oman. I Beduini (divisi in diverse tribù nomadi e semi-nomadi) vivono del lavoro stagionale della coltura della palma da datteri. In segno di benvenuto nelle case si offre una piccola tazza di caffè profumato all’acqua di rosa ed al cardamomo e datteri freschi a volontà.
Luogo di nascita dell’Islam in Oman e antica capitale del Sultanato, oggi Nizwa è conosciuta per il suo forte e il suo suk. Situata al centro di una grande oasi, Nizwa è il punto di incontro delle strade dei carovanieri del nord e del sud del paese, e tutti i venerdì Nizwa accoglie un grande mercato di bestiame. È anche il punto da cui partono le escursioni verso l’interno del paese.
La visita al mercato mi ha permesso di fare i soliti danni al reparto spezie, un carico di datteri e le adorate rose damascene essiccate.
L’ospitalità omanita si misura già dall’ingresso nel souq, dalla gentilezza e cortesia dei mercanti, dal fatto che il caffè e l’halwa sono offerti a tutti gli avventori e che nessuno paga per quel caffè, che sa di buono, di spezie e d’amicizia. Come i loro sorrisi. La cosa che stupisce dell’Oman sono i sorrisi delle persone. Tutti sorridono, sempre. I loro occhi prima di tutto.
Dopo il souq di Nizwa, abbiamo visitato il Castello di Jabreen, edificato nel 1670 (circa) è una delle costruzioni che più rispecchiano lo stile omanita dell’epoca, grazia alla moltitudine di decorazioni, iscrizioni e dipinti in stile. Il castello è dotato di falaj, il sistema tradizionale per la canalizzazione dell’acqua.
Arriviamo a Muscat nel pomeriggio inoltrato, ad attenderci una suite al The Chedi, dotata di ogni comfort. Il Chedi fonde l’architettura omanita allo stile asiatico, immerso nel verde, oasi di relax e bellezza senza tempo.
Il tempo di abbandonare le valigie ci siamo lanciati letteralmente in spiaggia a godere della brezza marina e dell’ultimo sole, qualche pagina di libro e nulla di più.
La cena è stata molto interessante, perché ho potuto scegliere dal menù del The Restaurant, che offre 4 tipologie di cucine: asiatica, mediorientale, internazionale e indiana: 4 stupende cucine a vista, ai 4 lati della sala, i clienti hanno la possibilità di selezionare diverse portate da ognuno, per un curioso gioco tra culture, ingredienti e stili.
Il giorno successivo lasciamo il The Chedi, tappa alla Grande Moschea Sultan Qaboos, l’unica in tutto il Medio Oriente che anche i non musulmani possono visitare, perché sarebbe un vero peccato non poterla vedere. La sala di preghiera maschile può ospitare più di 6000 persone. Sulla volta un lampadario di cristalli Swarosky di una bellezza disarmante. Il pavimento è addobbato con il tappeto persiano più grande del mondo, circa 4000 mq. Marmo italiano per la costruzione della struttura. Entrare nella moschea di Sultan Qaboos trasmette una sensazione di pace e serenità e invoglia i visitatori alla meditazione e al silenzio.
Dopo la Moschea, visitiamo il Souq di Muscat, quello dedicato al pesce.
L’esperienza del pranzo in un ristorante tipico omanita è stata una delle più belle del viaggio e credo una delle più belle degli ultimi mesi: eravamo in 8, seduti sul pavimento in questa grande stanza (ogni famiglia/gruppo può scegliere una stanza per il pranzo o la cena), abbiamo ordinato varie cose dal menù.
Abbiamo iniziato a chiacchierare con Alì e Mujit, nel frattempo ci ha raggiunto il cameriere con i vassoi e abbiamo iniziato a mangiare tutti insieme, con le mani. Alì ci ha insegnato come riuscire nell’operazione senza spargere pollo e riso sul tappeto. All’inizio ho avuto qualche difficoltà, ma poi presa confidenza con le mie dita e soprattutto con la quantità di cibo che potevo avvicinare alla bocca è stato davvero molto bello e divertente. Se pensate di organizzare un viaggio in Oman non dimenticatevi di questa esperienza, che in realtà potrete fare praticamente tutti i giorni. Questo è quello che chiamo avvicinarsi alle culture di un altro popolo e imparare al massimo dalle mie esperienze di viaggio. Davvero indimenticabile.
Prima di riprendere i bagagli per trasferirci all’aeroporto, l’ultima tappa del nostro itinerario, una breve sosta al Barr Al Jissah Resort, un altro luogo ricco di fascino e tranquillità, per chi è alla ricerca di relax e comfort totale.
In questa occasione abbiamo approfittato poco della spiaggia, il sole stava ormai per tramontare e la stanchezza della giornata iniziava a farsi sentire.
Dopo la site inspection per conoscere la struttura, abbiamo cenato in compagnia di Mr.Eihab Attia (il communications Manager dell’hotel ) al ristorante marocchino Sharhazad, per chiudere in bellezza questa settimana dedicata alla cucina araba e mediorientale.
Ho approfittato della visita al Souq Muttrah di Muscat per acquistare alcune sciarpe e un Mussar, il copricapo tipico che usano gli uomini e che invece io utilizzerò come una calda sciarpa per l’inverno. Hanno voluto una foto così da poter far vedere la loro stupenda merce. Come non accontentarli?
Amo viaggiare, mi permette di crescere, fare preziose esperienze, conoscere persone nuove e costruire bei rapporti, anche di amicizia. Ma la cosa che mi piace e stimola è che ogni volta che torno mi sembra di avere un bagaglio più pesante, un po’ come avere tanti nuovi abiti, strati di pelle che indosso quando arrivo in un luogo nuovo.
Abiti nuovi per il viaggio del momento, che ripongo nell’armadio al mio ritorno a casa. Poi basta solo aprire la porta di quell’armadio per tornare indietro nel tempo e ricordare. Per sempre.
شُكْراً Sħukrân Oman, grazie Oman. Arriderci.
ringrazio per l’invito l’Ente del Turismo dell’Oman
grazie per la bellissima descrizione dovrei andare in oman perche i signori della costa crociere non ci sono andati perche il capitano aveva il mal diapncia per il mare mosso una balla per risparmiare soldi adesso ci vorrei andare e mi stao documentando visto che alcune cose non possomangiarle un buon lavoro distinti saluti fiorenza francesco