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Proseguiamo il cammino sul food design, grazie a Micaela Ballario che ha deciso di portarci per mano nel suo mondo incantato…

Per oggi la seconda parte tecnico/teoriconarrativa e domani il post con la ricetta i disegni e le foto!!!Micaela si ricollega in questo scritto ai vostri commenti sul primo post relativo al food design….

“Non posso non riflettere sulle affermazioni scritte sopra…effettivamente è vero, da buongustaia quale sono non cambierei mai un semplicissimo piatto di pasta al pomodoro con un elaboratissimo piatto creativo (e detta da me la cosa non può che apparire come un controsenso, ma effettivamente questo è lo stato dei fatti)… quello che ribadisco è che il cibo è emozione… tocca le sfere più intime della persona tanto da avere il potere di influenzare gli umori, rallegrare lo spirito e regalare un ricordo.

È un potere che gli chef e le nostre mamme, prime fautrici della nostra educazione al gusto, hanno… Pensiamo a come spesso alcuni gusti ci portano indietro nel tempo, rievocando emozioni che credevamo di aver smarrito.

Quello che non bisogna assolutamente dimenticare è che la creatività non è casuale. Ciò che rende interessante un oggetto o un piatto creativo è ciò che esso ci comunica, come dice Bruno Munari “la creatività non è improvvisazione senza metodo: in questo modo si fa solo della confusione e si illudono i giovani a sentirsi artisti liberi e indipendenti”, ma aimè il filo è molto sottile e a farne le spese è come al solito il consumatore. Non bisogna però sottovalutare il fatto che in un ambiente in continuo cambiamento come quello del mercato, molti problemi e opportunità diventano nuovi e sempre più complessi. Prendere le giuste decisioni in relazione a possibili “minacce” dettate dalla concorrenza, richiede spesso uno stile di pensiero creativo che permetta di trovare risposte in grado di fronteggiare le difficoltà che il mercato impone. I continui e veloci mutamenti sociali e culturali rendono necessario non considerare solamente ciò che ha funzionato nel passato, ma trovare nuove soluzioni mai sperimentate prima…se mi è permesso esprimere una banale considerazione, posso solo dire che la sperimentazione dovrebbe andare avanti in tutti gli ambiti anche a costo di cadere in errore. Progresso e progetto vanno di pari passo anche in cucina, “poiché cucinare coinvolge la concezione e l’esecuzione di un’idea creativa e il montaggio di componenti funzionali in un tutt’uno piacevole… questo è simile al design” dice Stephen Bayley, Taste 1991

In genere il progetto è l’ideazione accompagnata da uno studio relativo alle possibilità di attuazione, quindi un’operazione di prefigurazione di un oggetto.

Se dovessimo tradurre il termine food-design, potremmo definirlo come la “progettazione del cibo”. Spesso questo connubio di parole viene impropriamente utilizzato anche per indicare tutto quello che ruota intorno al “mondo del food” . Nello specifico mi riferisco al progetto di utensili da cucina, packaging alimentari e così via, ma il confine tra le due cose è decisamente labile. Se un progetto nasce con l’intenzione di cucinare CON il cibo, con l’evolversi delle fasi d’ideazione ci si può ritrovare a creare un prodotto PER il cibo.

Un esempio pratico è la sferificazione di Ferran Adrià, o per cadere nel design anonimo, pensiamo al semplice forchettone studiato apposta per riuscire a prendere gli spaghetti.

Alla base di qualunque oggetto di design sia commestibile che no, vi è un progetto, in ogni caso quello che è giusto sottolineare è che i presupposti essenziali per idearlo e svilupparlo sono la creatività, la ricerca e l’esperienza.”

Micaela Ballario